Il
convento di San Girolamo, per come lo abbiamo sempre conosciuto almeno da
vent’anni a questa parte, sembra destinato a chiudere e probabilmente a
cambiare completamente volto. Il Vescovo pare deciso a mettere la parola fine
ad un’esperienza di accoglienza con la A maiuscola, creata e animata per anni
da Don Vincenzo, da sempre parroco fuori dagli schemi e, forse proprio per
questo, non sempre pienamente sostenuto nella sua infaticabile attività di
aiuto agli emarginati e a chi avesse bisogno. Oggi i maggiori beneficiari
dell’accoglienza del convento di San
Girolamo sono le famiglie delle persone ricoverate nel vicino ospedale di
Volterra e i familiari dei reclusi del carcere volterrano. Ma chiunque ha avuto
il privilegio di conoscere Don Vincenzo e di vivere almeno un po’ le iniziative
di San Girolamo sa che la struttura è stata per anni aperta a chiunque ne
avesse il bisogno, a prescindere dalla capacità di contribuire alle spese. Lo
sanno anche l’ASL e i Comuni della Val di Cecina, che spesso si sono appoggiati
a questa casa di accoglienza per far fronte ad emergenze sociali ed abitative a
cui non riuscivano a dare un’altra risposta. Non è la prima volta che si
discute della sua chiusura. La motivazione ufficiale è sempre stata quella
degli alti costi per il mantenimento della struttura, a cui probabilmente oggi
si aggiunge il bisogno di qualche intervento di manutenzione straordinaria. Tempo
fa la si voleva trasformare in “Osservatorio per l’immigrazione”, suscitando la
schietta replica di Don Vincenzo, che
dichiarò di non voler osservare proprio nessuno, perché il suo scopo era
aiutare concretamente chi aveva bisogno.
Offrendo un letto, un pasto caldo e qualcosa di più: un po’ di amicizia
e vera solidarietà. Dalla sua morte, le cose si sono fatte sempre più difficili,
fino all’ attuale arrivo ad un passo dalla chiusura. Le fonti di finanziamento
pubblico scarseggiano e si sa che con i piccoli contributi delle famiglie disagiate
non c’è da scialare e difficilmente i conti possono tornare. In questi anni di
sicuro, si è perso l’occasione di valorizzare questo centro di accoglienza,
coinvolgendolo nella gestione di alcune emergenze che invece un finanziamento
lo avevano e poteva contribuire a sostenerne l’equilibrio economico. Ci
riferiamo ad esempio all’accoglienza dei profughi che oggi smuove un po’ di
denaro e che ben avrebbe potuto trovare qui il luogo ideale per essere attuata,
magari per piccoli gruppi e coinvolgendo più associazioni. Gli appelli rivolti
al Vescovo da parte delle istituzioni, delle associazioni, dei cittadini e
delle famiglie che a San Girolamo hanno trovato accoglienza fino ad adesso sono
caduti nel vuoto. Eppure davvero non si può lasciare che Volterra perda ancora
una volta esempi così importanti della sua storia di accoglienza ed inclusione
sociale. Se si vogliono creare le basi affinché una realtà come S. Girolamo
rimanga sul territorio e continui ad operare, occorre davvero ricreare intorno
a lei una rete di collaborazione tra le istituzione, le associazioni e la
Chiesa che si sostanzi in progetti con un minimo di sostegno economico. Il
punto, però, è se la Diocesi è disponibile in questo senso e ritiene importante
il contributo che la casa di accoglienza di San Girolamo ha offerto in questi
anni. Perché se la tanto sbandierata sostenibilità economica fosse l’unico
faro, ci potremmo d’ora in poi scordare molte delle più importanti esperienze
conosciute in quest’angolo di Toscana.
Progetto per Volterra
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