lunedì 21 novembre 2016

Perdere il diritto di voto per un caffè… all’anno!

Il cuore pulsante della modifica della carta Costituzionale, voluta dal duo Boschi-Renzi, è l’eliminazione del diritto di voto dei cittadini per l’elezione del Senato. Il nuovo Senato, invece di votarlo noi, diventerà uno splendido salotto in cui siederanno consiglieri regionali nominati altrove, al seguito dei soliti accordi di partito. Insomma, il governo Renzi ha pensato che i cittadini italiani hanno veramente troppi diritti: possono addirittura votare entrambe le camere parlamentari, proprio quelle chiamate a fare le leggi che si applicano sulle nostre teste. Ovviamente il premier sta molto attento a raccontare questa storia per il verso a lui più propizio. La storia che ci racconta, dice che vorrebbe la riduzione dei costi della politica e il numero delle poltrone. Racconta che diminuirà il numero dei senatori  risparmiando qualcosa come 500 milioni di euro. Poi, però, arriva la Ragioneria dello Stato, quelli che i conti li fanno per mestiere, e bacchetta il premier, che in matematica evidentemente ha qualche problema. I costi diminuiranno di soli 50 milioni di euro, perché il senato resta eccome, con tutto il suo personale dipendente, la sede, gli uffici distaccati, ect. La riduzione di spesa sarà una goccia nel mare dei costi della politica. Del tutto ininfluente per gli italiani… 90 centesimi di euro, neppure il costo di un caffè all’anno per italiano. Un costo peraltro che poteva essere risparmiato senza scomodare la Carta Costituzionale e senza cancellare altri diritti fondamentali dei cittadini, semplicemente votando la recente legge taglia-stipendi presentata alla camera il 26 ottobre scorso. Proposta di legge che stimava il risparmio sulla politica in 87 milioni di euro, ma purtroppo è stata bocciata per il voto contrario dei  parlamentari Pd e renziani in primo luogo.Davvero sorprendente! Allora sorge spontaneo un dubbio: come mai con tutti i costi che potevano essere risparmiati tagliando veramente i privilegi, si è scelto di tagliare proprio il diritto di voto di noi cittadini? Non sarà che l’obiettivo vero, non è far risparmiare agli italiani meno di un caffè all’anno, ma spogliarli dei pochi strumenti che ancora abbiamo per dire la nostra? Caro Renzi, non ci convinci, noi voteremo NO, perché vediamo distintamente una tendenza, nemmeno troppo nascosta, a limitare la rappresentanza e la sovranità popolare, per poi lascarti le mani libere di fare altri e più cruenti jobs-act, altre ben più aspre riforme delle pensioni.

Progetto per Volterra, Comitato cittadino per il NO

IL PLEBISCITO

Più si avvicina la data del Referendum sulle modifiche alla Costituzione, più si intensifica la martellante campagna radiotelevisiva promossa dal governo per sponsorizzare il testo Boschi-Renzi. In particolare è proprio la figura del capo del governo, Matteo Renzi, che dilaga su tutti i canali. Secondo i dati dell’inutile autorità garante, Agicom, Renzi in meno di 20 giorni è entrato nelle case degli italiani attraverso i televisori innumerevoli volte, rimanendoci per oltre 8 ore filate: quasi 5 ore in Rai e 3 ore in Mediaset. Se poi aggiungiamo il tempo delle notizie dei telegiornali confezionate sul Premier in onda su tutte le reti, si raggiungono le 20 ore dedicate espressamente a lui. In breve, per 19 giorni, abbiamo avuto più di un’ora al giorno di Renzi alla televisione. Un’alluvione, peggio che nel 1966.
Le regole per equilibrare il diritto di parola in TV tra maggioranza e opposizione in teoria ci sono, ma sono state predisposte apposta per essere aggirate. Basta che i rappresentanti del governo si presentino non come PD o NCD, ma come istituzioni. E Renzi, Presidente del Consiglio, è sempre lì, sempre in televisione, a tutte le ore, più di tutte le altre istituzioni nazionali messe insieme. Sembra di trovarsi in uno stato centroamericano.
Non a caso Renzi ha voluto che il direttore generale della Rai fosse il suo amico e compagno di Leopolda, Antonio Campo Dell’Orto. Un manager molto caro a Matteo visto che, la con “riforma” della Rai approvata dal governo, gli è stato triplicato lo stipendio, portando il suo compenso da 240mila a 650mila euro. Più del direttore della BBC che, poveretto, deve accontentarsi di 500 mila euro.
Non stupisce, quindi, se ad ogni passo s’incontra la campagna pubblicitaria predisposta per il referendum sulla Renzi-Boschi, che già da diverse settimane ci ricorda di andare a votare per tutte le cose belle che Renzi ha confezionato per noi. Dato che in gran parte viene usata la televisione di stato e le campagne pubblicitarie sono sostenute con soldi pubblici, è istruttivo fare un raffronto con il referendum tenutosi lo scorso Aprile, quello sulle trivelle. In quel caso i monitoraggi sulle tutte le trasmissioni della RAI (compresa RaiNews24) eseguiti fino al 20 marzo, in un periodo di 34 giorni, misurarono il tempo dedicato al referendum in appena 3 ore e 51 minuti: poco più di 6 minuti al giorno, dispersi in tutte le Rai e da divedersi tra tutti gli interlocutori. Se si aggiunge che quel poco fu trasmesso in orari improbabili, le somme si tirano facilmente. Vale a dire: il 16 aprile scorso ben pochi italiani vennero informati dalla televisione di stato dell’esistenza del Referendum che li chiamava ad esprimersi sulle concessioni alle trivelle petrolifere presenti nei nostri mari. Il perché lo si capisce rileggendo le cronache di quei giorni, in cui si ritrova l’invito esplicito all’astensione espresso da Renzi e dalla maggioranza del PD, che puntavano alla mancanza del quorum. Renzi non era d’accordo con gli intenti dei referendari, dunque gli italiani non godettero del loro sacrosanto diritto ad essere informati. Tanto meno furono invitati ad esprimersi col proprio voto, ricordando loro l’appuntamento.
Ovviamente il referendum del 4 dicembre è un’altra storia. Renzi oggi vuole celebrare se stesso e il suo governo, organizzando un referendum-plebiscito su cui punta quasi tutto, a giudicare dai mezzi messi in campo. Con buona pace del diritto alla pari dignità dei cittadini (art. 3 della Costituzione), del diritto di informazione (art. 21 Costituzione) e del principio di imparzialità delle istituzioni (art. 28 e 97 Costituzione).
E’ evidente che siamo ancora prigionieri di piccole oligarchie spudorate, del tutto prive di senso civico e di valori comuni, in cui dominano degli interessi di parte. Ecco allora l’uso delle televisioni ad personam, gli amici posizionati nei posti giusti, leggi elettorali cucite su un solo partito e gli estesi pezzi della Costituzione riscritti ad uso del clan. Tocca a noi, quindi: bisogna difendersi. E fare sentire forte e chiaro il nostro NO.

Progetto per Volterra, Comitato cittadino per il NO