sabato 25 ottobre 2014

L'appuntamento mancato




Due settimane fa è andato in scena l'ennesimo Consiglio Comunale aperto in materia di sanità senza interlocutore. Questo potrebbe essere il riassunto di ciò che è accaduto in Palazzo dei Priori. L’iniziativa era nata col trapelare di indiscrezioni sulla possibile riorganizzazione dei centri riabilitativi Inail, che porrebbe in pericolo l’importante polo riabilitativo volterrano.
Dopo la serie infinita di pesanti tagli e accorpamenti che il comparto ospedaliero ha subito negli ultimi anni con conseguente svuotamento dei servizi all’interno dell'ospedale, l’occasione sarebbe stata particolarmente utile per confrontarsi su quello che è il modello assunto dalla nostra regione in materia sanitaria. Un modello improntato sul potenziamento dei grandi ospedali posti nei grossi centri urbani e il progressivo svuotamento degli ospedali minori, declassati a Case della Salute o a cronicari.
Una riorganizzazione che, ispirata da ragioni economiche, guarda poco alla qualità dei servizi e si incentra sui risparmi di spesa, e alla fine non riesce a realizzare neppure quelli.
Il modello adottato unilateralmente dalla regione, tuttavia, sta mostrando le proprie criticità in molte direzioni. Da un lato i piccoli ospedali come il nostro stanno diventando scatole vuote, dove molto spesso i servizi restano attivi solo sulla carta, erogati a singhiozzo, privati di reali investimenti e del personale necessario per restituire standard di qualità adeguati. Senza contare che i pochi reparti rimasti hanno subito talmente tante riorganizzazioni da rivelarsi ormai l’ombra di se stessi. Come è capitato di recente all'Utic, oramai ridotto in spazi angusti e riempiti fino all’inverosimile, caratterizzato da un turn-over di medici precarizzati, che rimangono appena pochi mesi nel reparto prima di fuggire altrove.
Ma anche i grandi centri non stanno meglio. Affollati e caotici, con liste di attesa impressionanti anche per i casi di patologie potenzialmente pericolose, dove il rapporto medico-paziente rischia di scivolare sul piano inclinato della pura burocrazia da sbrigare senza troppe domande, tra dati statistici da interpretare in fretta, tempi risicati di occupazione dei letti, esami contingentati e farmaci.
Si è parlato spesso di riorganizzazioni necessarie e giustificate dai bassi numeri dei piccoli ospedali, omettendo due particolari non proprio secondari. Il primo è che il servizio sanitario dovrebbe essere un servizio pubblico, erogato secondo il bisogno. Secondariamente i numeri dipendono quasi sempre dalla qualità del servizio che si offre. Più il servizio è scarso e più le persone vanno altrove. Chi dirige le danze in Regione lo sa bene, spingendo alla chiusura subdolamente quelle strutture difese dalla popolazione.
Ma si sta addirittura mettendo mano anche a centri i cui numeri sono assolutamente buoni, come l’esempio  di Inail Volterra dimostra, che evidentemente hanno la pecca di essere localizzati in zone periferiche e dunque non in linea con il modello pensato e voluto dalla Regione, secondo il quale tutto deve stare al centro per massimizzare la rendita elettorale delle proprie decisioni.
Se l’Assessore Marroni avesse presenziato al Consiglio Comunale, come promesso, alla fine questo, a nostro avviso, avrebbe dovuto essere l’argomento da discutere. Rincorrere di volta in volta i tagli e gli accorpamenti decisi altrove è doveroso, ma politicamente inutile. Ciò che non chiudono oggi, lo faranno domani e senza troppi complimenti.  Molto più importante è cercare di agire a monte, costringendo la Regione a ragionare con tutti i Comuni, grandi e piccoli, sul  modello sanitario più efficiente ed utile. Di sicuro il modello praticato attualmente ha peggiorato la situazione precedente, scaricando disagi e costi direttamente sull’ammalato.
                                                                                                                     Progetto per Volterra

venerdì 10 ottobre 2014

Profondo Rosso



Quanto discusso lo scorso Consiglio Comunale in relazione ai provvedimenti di bilancio per andare a soccorrere i risultati della mostra sul Rosso Fiorentino può riassumersi con una sola espressione… la mostra è in profondo rosso! Almeno sul piano del bilancio comunale.
Questo insuccesso ha tante ragioni e certo non è motivo di contentezza per nessuno. Ma si porta dietro un pesantissimo fardello: un bel buco di bilancio stimato per i primi  4 mesi di ben 120.000,00 euro. Un ammanco che non è stato possibile ripianare neppure attraverso una serie di tagli disseminati in tutti i capitoli di spesa, ma che ha reso necessario un provvedimento straordinario di riequilibrio e l’attingimento all'avanzo di amministrazione.L’aspetto più grave della vicenda, mai abbastanza sottolineato, è che l’ufficio economico comunale aveva annunciato già nell'aprile scorso che non c’erano i presupposti a garanzia della sostenibilità finanziaria della mostra. Il dissenso dei funzionari preposti si era espresso con la rinuncia all'incarico di un dipendente e attraverso la negazione del parere contabile sugli atti di avvio dell'evento.A dispetto dei tanti campanelli d’allarme la giunta Buselli, arrivata a ridosso delle elezioni, ha deciso di correre il rischio di un buco di bilancio affrettando l’apertura della mostra, piuttosto che rinunciare ad un evento spot assai utile in campagna elettorale. Il risultato di questa decisione oggi è sotto gli occhi di tutti: le previsioni degli uffici erano azzeccate e naturalmente saranno i cittadini volterrani a dover coprire l’ammanco, subendo nuovi tagli ai servizi, nuovi aumenti di tasse e di tariffe.
Ricordiamo, infatti, che la mostra durerà per tutto il 2015 allargando il buco già fin troppo ampio, richiedendo quindi coperture straordinarie per l’errata previsione di costi da parte dei nostri amministratori. Ma è giusto che gli effetti di sperperi e cattive gestioni debbano ricadere tout court sui cittadini? Forse sì, se hanno votato questa amministrazione, ma c’è chi pensa che una giunta che si assume la responsabilità di un progetto contro l’opinione dei funzionari dovrebbe risponderne in solido. In un periodo di crescenti riduzioni dei trasferimenti statali ai comuni, dovrebbe essere prioritario per chi governa accrescere la trasparenza dell'amministrazione, assicurare la corretta gestione delle risorse pubbliche ed elevare la qualità dei servizi resi ai cittadini.
Ancora più preoccupante è assistere alla rottura del voto su questo delicatissimo tema da parte dei consiglieri della maggioranza neo-insediata. Come è possibile che dopo aver arrecato un danno così pesante, Buselli e 8 dei suoi 10 consiglieri rifiuti la proposta di rivedere le condizioni contrattuali con il gestore della mostra al fine di ridurre, dove possibile, i danni? Ma ostinarsi a far finta che non stia succedendo nulla, potrebbe portare la Corte dei Conti dritta dritta negli uffici comunali. E forse, dopo tante magagne economiche, non sarebbe poi un male.

                                                                                                                         Progetto per Volterra

SIAMO RIMASTI PROVINCIALI





Nel silenzio generale, il 12 ottobre prossimo, si terranno le elezioni provinciali. Se qualcuno credeva che le Province fossero state abolite è bene che si ricreda. Le Province, nonostante gli slogan che blateravano dell’imminente cancellazione, sono esattamente al proprio posto con tutto il loro elefantiaco, costoso apparato. Qualcosa delle Province però è stato abolito per davvero: il suffragio universale per eleggerne gli organi politici. Presidente e Consiglio provinciali verranno scelti non più da tutti i cittadini, ma solo dai sindaci e consiglieri comunali. In pratica soltanto i politici adesso hanno diritto di scegliere, accrescendo di fatto il controllo diretto dei vertici dei partiti sulle istituzioni a danno del diritto di scelta dei cittadini. Dunque, la riforma strombazzata da Renzi e company ha abolito, anziché le Province, il solo elemento di controllo dei cittadini sulle amministrazioni provinciali - il loro diritto voto - lasciando intatto tutto l’apparato.  Ma anche i consiglieri comunali, che 9 volte su 10 sono uomini di partito, ai quali è rimessa l’elezione degli organi provinciali non sono uguali tra loro. Infatti, l’art.1 della Legge 56/14 inventa la divisione dei Comuni in ben nove fasce demografiche, con un meccanismo di attribuzione ai consiglieri comunali di un peso elettorale differenziato. Un consigliere comunale di un comune di 5000 abitanti esprimerà un voto che peserà 1/3 di quello di un consigliere proveniente da un comune di più di 50.000 abitanti. Il quadro è lampante: elettori e amministratori delle città e delle aree urbane sono diventati sensibilmente più determinanti rispetto agli omologhi delle aree rurali, sostanzialmente espulsi dalle nuove istituzioni. Di conseguenza territori poco popolosi come il nostro contano ancor meno di prima.
Infine, è bene non farsi prendere per il naso illudendosi che questa (contro)riforma renda possibili risparmi di spesa. Infatti né dipendenti né funzioni delle ex province scompaiono e, di conseguenza, non incidono neanche sui relativi costi. Le Province sono costate finora circa 12 miliardi di euro all'anno: da oggi costeranno almeno la stessa cifra. Il minuscolo risparmio riconducibile all'abolizione delle indennità per gli organi istituzionali (le indennità del presidente, assessori e consiglieri) ammontano soltanto allo 0,8% del totale della spesa. Come giustamente evidenziato dalla Corte dei Conti, poiché la riforma nel suo complesso ha rafforzato le funzioni delle città metropolitane che richiederanno un più esteso supporto amministrativo, alla fine le Province andranno a costare più di prima.
E’ proprio per discutere di tutto questo che allo scorso Consiglio Comunale abbiamo portato l’argomento all'ordine del giorno, per denunciare la riforma truffa delle province, che ha abolito le elezioni senza realizzare i risparmi di spesa promessi. Essere intervenuti per lasciare sostanzialmente immutato il sistema, salvo privare i cittadini del diritto di voto, può avere solo il significato di voler comprimere gli strumenti di democrazia diretta accrescendo lo spazio decisionale delle segreterie di partito. Il voto sul documento è stato quasi unanime, con la sola astensione dei consiglieri targati PD, Santi e Pasqualetti. Guarda il caso.


                                                                                                                              Progetto per  Volterra