venerdì 25 ottobre 2013

Continua a piovere in Pinacoteca

Rosso Fiorentino
Giovedì 24 ottobre, la mattinata è cominciata male. Molti volterrani si sono risvegliati con acqua alle caviglie: infatti, molti piani terra e cantine erano allagati dalla violenta pioggia caduta nottetempo. A Saline la situazione era gravissima: le foto circolate su internet testimoniavano l’allagamento del parcheggio sotto alla stazione di benzina e della vicina scuola.
A breve distanza di tempo dagli allagamenti di Era e Cecina, un nuovo temporale ha rovesciato acqua a catinelle sul poggio, causando numerosi disagi, allagamenti e smottamenti.
Dato che è ancora in attesa la risposta alla nostra interrogazione sulle cause delle ricorrenti infiltrazioni penetranti dagli infissi di Palazzo Minucci Solaini, il palazzo della Pinacoteca comunale, abbiamo subito cercato di verificare se anche in quest’occasione l’acqua piovana fosse penetrata nelle sale. Purtroppo, è accaduto di nuovo quanto ci attendevamo. Ancora una volta i pavimenti di alcune sale sono stati rinvenuti al mattino dagli addetti coperti da due dita d’acqua, naturalmente i muri dove si aprono le finestre erano inzuppati di umidità e perfino alcune teche erano fradice.
E’ evidente che a questo punto occorre intervenire urgentemente per preservare il patrimonio artistico della città. Pur non avendo avuto ancora una risposta ai nostri quesiti dal sindaco, pare proprio che il problema principale consista nelle pessime condizioni di manutenzione in cui versano gli infissi, usuratissimi, del palazzo, che non riescono a contenere gli acquazzoni. Ormai è evidente a tutti che il clima sta cambiando: le precipitazioni a carattere di rovescio temporalesco sono sempre più frequenti, per cui è impossibile considerarle eventi eccezionali. Solo nell’ultimo mese già due volte l’acqua è penetrata in abbondanza all’interno della Pinacoteca. Dunque l’amministrazione non può continuare ad ignorare il problema. Quasi tutte le preziose opere pittoriche raccolte in Pinacoteca altro non sono che dipinti su tavola, un materiale sensibilissimo alle variazioni di umidità. Del resto l’intervento non è solo una questione di buon senso, lo stesso statuto comunale obbliga l’amministrazione ad adoperarsi per preservare il patrimonio artistico cittadino. A nostro avviso questa deve essere la priorità delle prossime settimane, tanto più che non si tratta di un intervanto dai costi esorbitanti per cui ogni ulteriore ritardo sarebbe ormai considerato da tutti colpevole negligenza.
La stessa notte tra mercoledì e giovedì, la violenza della pioggia si è fatta strada anche in un altro palazzo del comune dalla funzione assai critica: il palazzo Vigilanti, che ospita sia la biblioteca che l’archivio storico comunale. Qui, l’acqua è penetrata soprattutto dal tetto, purtroppo in più punti, infiltrandosi all’ultimo piano del palazzo dove ha ricoperto i pavimenti. Un altro caso di mancata manutenzione, che se trascurata ancora a lungo rischia di provocare danni ingenti e irreversibili.

Progetto Originario




Rally Dakar nostrana

Il parcheggio di Docciola
Durante questa settimana, a causa dell’imminente sperimentazione  del  collocamento del mercato settimanale integralmente nei parcheggi di Valle Bona,  molti volterrani, seppure muniti di tagliando RV, sono stati costretti a migrare per un paio di  giorni in Docciola, per consentire la (ri)  numerazione dei posti assegnati ai banchi dei commercianti. Tutti avranno pertanto potuto notare in che condizioni versa da mesi il parcheggio di Docciola, eletto per scelta dell'Amministrazione, ad unico significativo parcheggio libero della città accessibile anche ai non residenti. Oltre ad essere  un’area destinata anche alla sosta a pagamento dei camper al prezzo giornaliero di 8 euro. Bene, l’area  è degna di un percorso di Rally Dakar. Solchi profondi e larghi anche 50cm, scavati dalle acque non correttamente incanalate, attraversano  oramai il piazzale da cima a fondo in più punti, tanto che qualche astuto conducente per salvaguardare la propria auto, ha pensato bene, oramai rassegnato, di fabbricare artigianalmente delle “piste”  trasversali  in pietra dove  far passare le ruote del proprio mezzo, evidentemente non adatto ai percorsi off-road. Per non parlare degli accessi all'area, dove il dislivello tra pavimentazione asfaltata e selciato è talmente profondo che è impossibile non strusciare l’auto. Forse sarebbe il caso che tra una celebrazione e l’altra, ci scappasse un po’ di tempo e di soldi anche per stendere qualche camion di ghiaia in uno dei parcheggi principali per la città. Per non ritrovarci nuovamente a prestare soccorso al turista di turno che, ignaro del pericolo e indotto a credere di entrare in un parcheggio, sia rimasto intrappolato tra i canyons, che assieme alle balze potremo presto annoverare tra le attrazioni della città.

Progetto Originario

sabato 19 ottobre 2013

Il cinema muto

Martedì scorso una scoppiettante locandina de Il Tirreno annunciava la riapertura del cinema, lanciando l’iniziativa dei biglietti scontati per famiglie – sottolineando - anche quelle di tipo “non tradizionale”. Ci siamo detti, finalmente una bella notizia! Siamo già oltre la metà di ottobre per cui l’apertura del cinema si è già fatta attendere più del dovuto, ma pazienza. Aprendo il giornale, però, abbiamo trovato una sorpresa: in effetti la bella notizia c’è, ma avevamo sbagliato nell’immaginare che si trattasse del cinema Centrale. Il cinema in questione, invece, è il Florentia di Larderello, per la gioia delle famiglie e dei cinefili di Pomarance e delle frazioni. A Volterra, invece, il cinema continua ad rimanere sprangato. Almeno per adesso è così, e all’orizzonte non si scorgono segnali di una pronta riapertura.
E’ chiaro che attualmente non è facile gestire un cinema tradizionale. Una struttura come quella del Centrale presenta una serie rilevante di costi fissi con la quale occorre fare i conti dato che, c’è da immaginare, gli incassi su cui si può contare non sono certo abbondanti. Infatti, negli anni recenti si è fatta stringente la concorrenza di molti altri media (televisione via satellite e via cavo, internet, dvd, ecc.) che hanno moltissima presa sulle giovani generazioni e soprattutto risultano più economici, anche se per molti di noi sono infinitamente meno fascinosi. Inoltre il lungo periodo di crisi ha investito gran parte delle famiglie, costringendo certamente tante persone al contenimento delle spese voluttuarie, come appunto il cinema e molti svaghi in generale. 
D’altra parte, ci è parso che il Consorzio Turistico in questi due anni di gestione abbia provato nuove vie per incrementare gli incassi, come per esempio, inserendo in cartello gli appuntamenti della stagione lirica proiettati in sala. Ma è quasi impossibile per il Consorzio da solo far fronte a un trend generale che porta alla chiusura anche di alcuni multisala in centri molto più affollati di Volterra. O meglio, temiamo che il sostegno del cinema sia divenuto quasi impossibile per il Consorzio dal momento in cui a quest’ultimo è stata sottratta la gestione del parcheggio della ex Stazione. Immaginiamo che l’equilibrio economico del Consorzio potesse sorreggere il peso del cinema, finché poteva disporre almeno di una parte degli introiti ricavati dalla gestione di quel parcheggio stagionale. E in effetti, fu nel periodo in cui ancora poteva contare su tale risorsa, che il Consorzio Turistico accettò di farsi carico della gestione del Centrale, dopo molte insistenze del sindaco. Per cui, quando l’amministrazione Buselli decise di togliere al Consorzio la gestione del parcheggio sferrandogli un vero e proprio colpo basso, era consapevole di togliere carburante alla macchina a cui aveva affidato il sostegno dell’unico cinema cittadino. Una struttura le cui le difficoltà a far quadrare i conti erano ben note a tutti. Dunque, alle attuali condizioni crediamo che per mantenere in vita il cinema a Volterra serva un impegno più diretto e sicuramente più convinto da parte del Comune. Altrimenti c’è il rischio che anche questa realtà, che non è solo di svago ma mantiene anche un innegabile profilo culturale, vada a spegnersi definitivamente. A riprova della scarsa attenzione ricevuta ultimamente da quasi tutte le istituzioni culturali cittadine.
Per non abbattere troppo il morale dei cinefili concludiamo con una buona notizia. Chi volesse apprezzare il nuovo film di Sorrentino, “La grande bellezza”, può ancora farlo progettando una gita domenicale a Larderello, dove la pellicola è in programmazione proprio in questi giorni.


Progetto Originario

Mentre coliamo a picco

Concordiamo con quanto ha scritto domenica Stefano Feltri su Il Fatto Quotidiano, quando sostiene che i governi Monti e Letta sostanzialmente stanno cercando di spostare la crisi finanziaria dello stato centrale agli enti locali, riducendo di anno in anno in misura drammatica i trasferimenti centrali. Per spiegare il concetto basti pensare che i tanti servizi erogati direttamente o indirettamente dai Comuni ai cittadini - smaltimento e raccolta dei rifiuti, asili, illuminazione pubblica, polizia municipale, ecc. – fino ad oggi sono stati finanziati in larga misura con trasferimenti statali, ovvero con i denari provenienti dalla fiscalità generale. Negli ultimi tre anni questi soldi sono stati tagliati drasticamente. Ai comuni in cambio sono state attribuite nuove e più ampie possibilità di esigere imposte per compensare le minori entrate da trasferimenti statali.
Ci sembra una maniera davvero poco convincente di tirare a campare, quella di spostare le conseguenze del dissesto delle finanze pubbliche sull’anello più debole della catena delle istituzioni, i Comuni, i quali a loro volta si trovano costretti a doversi rifare sui cittadini.  Ultimo esempio, la finanziaria presentata da Letta pochi giorni fa. Nei mesi scorsi su tutti i principali media abbiamo assistito all’autocelebrazione della classe politica di governo che annunciava trionfalmente di aver abolito l’IMU prima casa, la tassa che era stata istituita dagli stessi partiti solo un anno prima. I trasferimenti promessi ai Comuni in cambio dell’abolizione della tassa dovevano essere di 2 miliardi, ma all’ultimo momento la cifra è stata dimezzata. L’altra metà non scomparirà, statene certi, verrà trasferito a carico dei cittadini in forma di nuova fiscalità. Fra pochi mesi, poi, è prevista l’entrata in campo della Trise, che geminerà Tasi e Tari. Uno e trino, tanto per dare un tono vagamente mistico alla nuova tassa. Tassa che assorbirà Imu, Tares e Tarsu riversandosi sia sui proprietari degli immobili che sugli inquilini. Secondo i primi calcoli, eseguiti dagli esperti della Uil, per una famiglia di 4 persone con un appartamento di 100mq, in media il tributo peserà per 366 euro per la prima casa. Mentre nel 2013 la stessa famiglia per le imposte equivalenti ha pagato in totale 281 euro. I particolari dell'’operazione, però, restano ancora avvolti da spesse nebbie, perché molti dettagli verranno chiariti dal Parlamento prima e poi nell'articolazione delegata ai singoli Comuni.
Il problema grosso, però, a noi sembra quello delle istituzioni sovraordinate rispetto ai Comuni, e nonostante i tanti richiami alla sobrietà si mantiene intatto. Si pensi a quanto ha scritto Sergio Rizzo su Il Corriere della Sera di martedì scorso in tema di sanità. Con la riforma del Titolo V della Costituzione, la competenza specifica venne trasferita dallo Stato alle Regioni, in onore del taumaturgico principio della sussidiarietà. Risultato: la spesa sanitaria dal 2000 al 2010 è aumentata del 75%, in cambio di servizi che complessivamente non sono migliorati, anzi si sono accresciute le disparità tra nord, centro e sud d’Italia. Oltretutto la devoluzione non ha portato neppure la riduzione delle spese dello Stato che, pur perdendo “il fardello” della competenza sanitaria, è riuscito a incrementare la propria spesa nello stesso periodo del 17,7%, dimostrando così che il vero problema è da individuarsi nella profonda incapacità di amministrazione di gran parte dell’attuale classe politica italiana.
Progetto Originario


Meglio conservare che rovinare

 È sempre difficile intavolare una discussione sul merito delle questioni. Più facile è invece che ogni  ragionamento  venga spostato su un terreno di scontro ideologico, con buona pace del confronto reale e concreto sui vari temi. Lo stesso sta accadendo sulla modifica della nostra Carta costituzionale voluta dal governo Letta-Alfano e sponsorizzata da Napolitano. Con un ragionamento molto superficiale si insinua che chi  vuole difendere la Costituzione sarebbe un conservatore, mentre chi vuole rivederla vorrebbe passare da innovatore. Non è proprio così. La Carta Costituzionale esprime valori e principi attuali che, però, il nostro Parlamento  non sta affatto mettendo in atto, producendo viceversa leggi che violano sistematicamente il dettato della nostra carta fondamentale. Come ha ricordato Rodotà nel suo intervento in occasione della manifestazione del 12 ottobre scorso a Roma, è grazie al nostro testo fondamentale se sono stati bloccate le iniziative del Parlamento tese violare, fin dai giorni successivi, l’esito referendario sull’acqua pubblica, oppure se ai lavoratori  (non solo quelli della Fiat) è stata restituita la libertà di scegliersi il proprio sindacato e di organizzarsi collettivamente per contrattare la propria condizione, oppure se gli insegnanti della scuola pubblica di Napoli, messi fuori per problemi di vincoli economici, sono potuti tornare nelle scuole ad insegnare. Non sono cose da poco perché quelle battaglie erano poste a presidio della difesa dei beni comuni, della rappresentanza sindacale dei lavoratori e del diritto all'istruzione. E’ grazie all'attuale impianto della nostra carta fondamentale se la Corte Costituzionale ha potuto affermare che quando i diritti fondamentali della persona entrano in conflitto con gli interessi economici, sono i primi a dover prevalere sui secondi e non il contrario. Fino a quando questo sarà ancora possibile? Chiunque può osservare molteplici segni del rovesciamento in atto di questa scala di priorità. Quei principi e quei valori, che secondo il ragionamento di chi si sente “innovatore”  devono essere sacrificati sull’altare del mercato e della concorrenza, sono assolutamente attuali e rappresentano la strada per superare le troppe ingiustizie sociali che si sono determinate nel nostro paese, dove tutto oramai viene letto sotto forma di vincoli economici e diktat della Bce. I cosiddetti “conservatori”, tanto ignorati dai mass media e dalla politica, non stanno dicendo che la Carta Costituzionale è intoccabile. Stanno denunciando il fatto che il Governo della “larghe intese” abbia sferrato un colpo basso alla Costituzione, poiché ha messo mano all'art.138 che stabilisce, attraverso un sistema di garanzie ben ponderato, “come” si devono affrontare le procedure di modifica, imponendo un metodo alternativo che accorcia i tempi e riduce la discussione, insomma pensato appositamente per un colpo di mano. Quale può essere la ragione che ha spinto a modificare le regole prestabilite, se non quella di affrettare le cose e consegnare ai cittadini un “prodotto” già confezionato? Nessuno è contrario aprioristicamente, per fare un esempio, a superare il bicameralismo perfetto, ma ciò si può fare seguendo il percorso ordinario, senza andare a intaccare l’articolo 138 e rispettando lo spirito di questo articolo che, come si legge negli atti della Costituente, è quello di  evitare che una maggioranza improvvisata o temporanea possa modificare un articolo a sua immagine e somiglianza, sfigurando l’intera architettura della Costituzione e soprattutto di consentire una larga e cosciente partecipazione dei cittadini in virtù del principio che trasparenza e pluralismo sono le migliori misure di garanzia contro eventuali spinte autoritarie. La Carta quindi può esser cambiata, ma secondo le regole che impongono grande prudenza e un largo consenso. Come ha detto il giurista Alessandro Pace, la Costituzione “è modificabile ma non derogabile”.
Credo proprio di riconoscermi nei tanto sbeffeggiati “conservatori”  quando chiedono una cosa che invece appare molto  innovativa per l’Italia di oggi; ovvero che il Parlamento rispetti le regole esistenti, e soprattutto che lavori per attuarla questa benedetta Costituzione, predisponendo leggi ispirate ai principi espressi in quelle pagine.

Sonia Guarneri - Progetto Originario

venerdì 11 ottobre 2013

Sfiducia, non troppa

In tutta la Toscana è noto che, all’indomani della scoperta dei trucchi di bilancio messi in atto dai dirigenti della Asl di Massa, per tappare una falla economica molto seria fu spostata dalla Asl 5 alla Asl 1 la direttrice De Lauretis, donna caratterizzata da un’estrema rigidità ragioneristica ma sicuramente abile nel far quadrare i conti. C’è però una piccola enclave, annidata proprio qui a Volterra, che conosce un’altra verità, ignorata nel resto della Regione. E’ l’enclave della lista civica, Uniti per Volterra, degli Amici del bar, degli Sos-ini. In questa ristretta cerchia di persone si propugna e si tramanda un’altra versione dei fatti. Secondo il loro credo, la dott.ssa De Lauretis non sarebbe stata spostata per sanare la falla di bilancio alla Asl di Massa, questo sarebbe solo un mero pretesto ufficiale, in realtà la dottoressa sarebbe caduta vittima della funeste ire del sindaco Buselli, materializzatesi sotto forma di dichiarazione di sfiducia. Qualcuno infatti ricorderà la lettera di sfiducia che Buselli, senza neppure consultarsi con la sua Giunta, inoltrò nel 2010 all’allora direttore generale. Che tra la consegna della lettera e il trasferimento della direttrice alla Asl 1 siano trascorsi alcuni mesi di assoluta quiete sarebbe un fatto assolutamente irrilevante per gli affiliati buselliani. Anzi, il lungo periodo di sonnolento nulla che seguì l’atto di sfiducia, a loro avviso, fa parte della perversa macchinazione messa in atto dalla Regione per dissimulare (e negare perfino!) l’efficacia del provvedimento preso dal nostro lungimirante sindaco. Questa esoterica versione dei fatti, propagandata in ogni occasione da Buselli stesso all’interno della sua cerchia, a lungo andare gli si è rivoltata contro. Infatti, dopo i ripetuti, sonori schiaffi affibbiatigli dal successore della De Lauretis, il direttore Damone, che in due anni ha manomesso l’ospedale di Volterra come nessun altro prima, qualcuno dei suoi ex colleghi ha cominciato a scalpitare, chiedendo ripetutamente al sindaco di tirar fuori di nuovo dal suo arsenale il terribile strale delle grandi occasioni: la fulminante lettera di sfiducia al direttore. Buselli, in effetti, almeno dentro di se deve aver dubitato un bel pò dell’effettivo potenziale di questa mossa, poiché prima di decidersi ha lasciato chiudere Ostetricia, Pediatria e Ginecologia senza colpo ferire, quindi ha consentito di accorpare Medicina, Cardiologia e UTIC nonché di ridimensionare ai minimi termini il laboratorio d’analisi. Infine, dopo che Damone ha del tutto ignorato le sue indicazioni sulla Casa della Salute, Buselli non ha più potuto temporeggiare, soprattutto davanti ai suoi che, fiduciosi e assetati di rivincita, lo incitavano a sbarazzarsi di questo temerario direttore. Ecco, quindi, che il sindaco, preso nella trappola delle sue stesse fanfaronate, non ha più potuto rimandare l’appuntamento con la “Storia” e, durante una conferenza stampa appositamente indetta - come si conviene nelle occasioni più solenni - ha annunciato l’invio della fatidica lettera di sfiducia al direttore generale Damone. Questa volta l’atto è risultato perfino più patetico del precedente, dato che non è stato neppure condiviso dagli altri sindaci dell’Alta Val di Cecina e non reca le firme dei sindaci Martignoni e Cerri, a riprova dell’aura di inconsistenza politica e istituzionale guadagnata dall’amministrazione volterrana. Dunque abbiamo la guida di un’azienda ospedaliera che opera su un territorio dove vivono oltre 410.000 abitanti che ha ricevuto la sfiducia di sindaci che ne rappresentano ben 14.000 (Volterra e Castelnuovo): il 3,4% dell'utenza. Indubbiamente un’azione così goffa indebolisce ulteriormente il nostro Comune dilapidando la sua residua credibilità istituzionale, perché ne mette a nudo l’attuale, desolante incapacità di trovare soluzioni meditate e il profondo isolamento politico. Infatti, Damone ha replicato affrettando la realizzazione della sua Casa della Salute e annunciandone la pronta inaugurazione. Che lezione possiamo trarne? A chiunque abbia un briciolo di buonsenso appare chiaro che non si possono aggredire direttamente, in stato di quasi perfetta solitudine, istituzioni che ci sono soverchianti. O si costruiscono alleanze e collaborazioni efficaci (ma per far questo serve un pò cervello) o s’impara a trattare (e anche qui serve l’ingrediente di cui sopra). La terza alternativa è la strada intrapresa da Buselli: quella delle fanfaronate ridicole a beneficio di un titolo di giornale, ma che ben presto ci si ritorcono contro accelerando vertiginosamente il declino della zona.


Progetto Originario 

Museo, un episodio su cui riflettere

Come amministratori del Comune di Volterra, seppure dai banchi delle minoranze, innanzi tutto sentiamo il dovere di rivolgere le nostre scuse più sentite alla famiglia di Chicago, che ha denunciato l'episodio di intolleranza in cui è incappata durante una visita al museo Guarnacci. I fatti sono quelli ormai noti della coppia omosessuale americana con un bambino che, all’ingresso del museo, alla richiesta di poter usufruire del biglietto per famiglie, si è sentita rispondere sgarbatamente da una addetta urlante.  
Naturalmente, poiché il caso ha avuto molta risonanza, si è presto diffusa tutta una gamma di interpretazioni. Abbiamo sentito che qualcuno solleva dei dubbi sulla veridicità dell'episodio pubblicato prima su Tripadvisor e poi sui giornali locali e nazionali. Da un lato verrebbe da augurarsi che si tratti davvero di una bufala o di una burla, ma resta difficile immaginare che persone che abitano in un altro continente, a migliaia di chilometri di distanza da qua, non abbiano niente di meglio da fare che inventarsi di punto in bianco la falsa storia di una disavventura vissuta nel museo etrusco di Volterra per screditarci. Altri, invece, si appellano alle leggi italiane per sostenere che la signora addetta alla biglietteria avrebbe agito bene; ma in questo caso vale il regolamento del museo che parla di biglietto per famiglia nel caso di bambini (fino a un massimo di tre) accompagnati da “due adulti”. Dunque, la coppia aveva diritto allo sconto, che in definitiva si sarebbe tradotto in un semplice ingresso gratuito per il bambino. Per meglio chiarire il concetto facciamo presente che non c’è nessuna legge che distingua i volterrani dai milanesi o dai romani, eppure i primi non pagano per entrare nei musei del Comune di Volterra mentre gli altri sì, perché appunto questo prevede il regolamento dei nostri musei. 
Ma il punto principale è un altro. E’ ora che le istituzioni comunali, a cominciare da quelle culturali, siano ricordate dai visitatori  per la gentilezza e per l'accoglienza ricevuta, prima ancora che per la qualità delle opere esposte. Su questo terreno c’è ancora molto da fare. Purtroppo in questi anni è andata diffondendosi in questo paese, e Volterra non fa eccezione, la sottocultura dell’intolleranza che come sempre accade si accompagna anche con la grossolanità delle parole e dei comportamenti. Motivo di più per prendere posizione e non passare sotto silenzio episodi come questo che, se avvenuto nei termini esposti, deve essere decisamente biasimato, in primo luogo per aver negato il diritto a un bonus dovuto alla famiglia in questione, ma in particolar modo per la maleducazione e l’intolleranza dimostrate dalla dipendente. Con questo non chiediamo assolutamente interventi disciplinari sull’addetto, ma un chiarimento evidentemente si rende necessario. Per far capire che cortesia e disponibilità in certi luoghi non sono tanto tratti caratteriali opzionali, sono anche e soprattutto requisiti professionali indispensabili per svolgere questo tipo di lavoro.


Fabio Bernardini, Progetto Originario

venerdì 4 ottobre 2013

I gioielli di famiglia

Per anni le politiche di risanamento dei conti dell’ ASP S. Chiara sono passate attraverso la dismissione del suo patrimonio immobiliare. Per gli immobili di pregio solo pochissimi anni fa il mercato era fiorente e andavano a ruba, ma c'erano anche edifici assai poco appetibili per il mercato che sono stati “provvidenzialmente” acquistati da enti pubblici. E’ il caso dell’ex padiglione Bianchi ceduto al prezzo di circa 700.000 milioni di vecchie lire al Comune di Volterra, che da oltre un decennio vi ha aperto un cantiere per costruirvi case popolari. Un cantiere che sembra proprio non vedrà mai la fine.
Con il senno di poi è lecito dubitare che vi fosse un reale interesse del Comune di Volterra ad acquistare immobili così problematici per fare case popolari proprio nella zona del Chiarugi. Viceversa, è più probabile che vi fosse una certa urgenza dell’Asp S. Chiara di disfarsene per realizzare la liquidità sufficiente a ripianare le proprie costanti perdite.
Con il mutamento dell’amministrazione della città non sono mancate feroci critiche, anche giuste, a questo genere di scelte politiche che nel tempo hanno determinato il depauperamento del patrimonio immobiliare dell’Asp S. Chiara, senza però che venissero seriamente affrontati (e men che meno risolti) i problemi posti alla radice del suo disequilibrio economico.
Le critiche alla politica delle alienazioni rivolte da Buselli e Bacci alle amministrazioni del passato facevano sperare in un cambio di rotta, invece pare proprio che la storia si ripeta. Recenti dichiarazioni del Presidente Bacci apparse sulla stampa hanno preannunciato la messa all’asta del prestigioso palazzo di via Turazza e della ex scuola di S. Chiara con l’intento dichiarato di porre un freno alle perdite di bilancio.
Per mesi, ma potremmo dire per anni, abbiamo letto su tutti i quotidiani un rincorrersi di sempre nuovi progetti che avrebbero finalmente risanato la nostra ASP. S. Chiara. Si è parlato di una casa della salute nell’ex scuola S. Chiara prima, poi di un piano di rilancio aziendale che prevedeva un socio privato e svariati milioni di euro di investimenti per una nuova struttura ed infine di un progetto per accogliere degenti dall’ex ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo.
A parte i proclami, le polemiche e le attribuzioni di responsabilità, è evidente che non è andato in porto assolutamente nulla di quanto annunciato. Tutto sembra irrimediabilmente sfumato. E non ci resta che vendere quel poco che rimane.

Progetto Originario

Miraggi

Durante la stesura del programma elettorale della lista civica fu dedicato un gruppo di lavoro alle problematiche ambientali e alla sostenibilità energetica del Comune che individuò una serie di obiettivi condivisi che divennero parte del programma elettorale. Il programma dunque recitava in proposito: “Intendiamo procedere all’istallazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica nel complesso scolastico di S. Felice, negli edifici dell’Ospedale e soprattutto della piscina comunale, sul cui bilancio incidono enormemente i costi di riscaldamento condizionando il mantenimento stesso del servizio. La sostituzione dell’illuminazione pubblica con lampade a led contribuirà sensibilmente al risparmio energetico.” (fonte www.unitipervolterra.com).
Dispiace vedere che a distanza di quattro anni e mezzo nessuno di questi obiettivi sia stato raggiunto, né siano stati predisposti progetti seri finalizzati a raggiungerli. Anzi, a fronte di un finanziamento già ottenuto dalla fondazione CRV nel 2010 per l'istallazione di pannelli solari sulla piscina comunale, la lista civica abbandonò il progetto, subito dopo l’uscita dalla maggioranza del gruppo di Progetto Originario, probabilmente per timore che il merito dell'operazione fosse riconosciuto ai “fuoriusciti”. Peccato che quel progetto avrebbe abbattuto i costi di gestione della piscina di almeno 35.000 euro all'anno e quindi avrebbe potuto incidere positivamente sulla voce di bilancio delle spese correnti del comune di Volterra (che ancora oggi incidono per il 90 % sulle uscite complessive dell’ente). Si sarebbero potuti risparmiare soldi pubblici dirottabili su altri servizi; ma evidentemente non è questo che conta per l'attuale maggioranza. Il risparmio energetico è stato solo un espediente da sbandierare in periodo elettorale e poi da far dissolvere come i miraggi nel deserto.
Anche la realizzazione dell'asilo nido in bioedilizia, dotato di pannelli fotovoltaici che quindi più sostenibile dal punto di vista energetico, sembra ormai diventato un altro miraggio. Infatti dall’ultimo Consiglio Comunale abbiamo appreso che il costo iniziale iniziale stimato in 480 000€ (peraltro in parte finanziato per 2/3 dalla regione Toscana) è adesso più che raddoppiato, a causa di una serie impressionante di “dimenticanze” ed errori di stima che logicamente si sono trasformati costi aggiuntivi. Ecco, quindi, che solo dopo un anno dalla stesura del progetto qualcuno ha capito che per costruire l'asilo occorreva anche acquistare il terreno del lotto. Si è improvvisamente capito che per accompagnare i bambini a scuola, occorreva pensare anche ad adeguare la via d'accesso all’area. Si è capito che in un luogo franoso come le Colombaie bisognava pensare a fondamenta su pali, molto più care delle semplici fondazioni superficiali. Infine, dopo un anno, si è capito che per avere un asilo in bioedilizia, come richiesto dal bando regionale, serviva calcolare adeguatamente la copertura dei pannelli fotovoltaici.
Insomma, in un periodo in cui la spesa pubblica è diventata il problema dei problemi e dopo quattro anni e mezzo di amministrazione Buselli, dal punto di vista energetico ci ritroviamo nella stessa situazione del 2009. Anzi peggiore, perché nel frattempo gli impianti sono invecchiati di altri 4 anni, trasformandosi da vecchi e superati in veri rottami. Una volta di più emerge la scarsa progettualità e l'incapacità di programmare dell'amministrazione Buselli, dedita alla produzione di slogan privi di contenuti reali.

Progetto Originario

Senti come piove

Rosso Fiorentino, Deposizione 
Un paio di settimane fa, appena avuta la notizia, lanciammo l'allarme per le abbondanti infiltrazioni d'acqua che, nella notte tra il 9 e il 10 settembre scorso, penetrarono in Pinacoteca in occasione di uno scroscio temporalesco. Vari dipendenti comunali, in quell'occasione, ci parlarono di episodi che non sarebbero affatto nuovi, ma verificatisi varie volte per il cattivo stato di manutenzione degli infissi del palazzo Minucci Solaini. La circostanza da tempo sarebbe nota al sindaco, alla Giunta e al responsabile dell'ufficio tecnico, ma da anni tutto è rimasto come prima. In attesa del prossimo temporale notturno e del prossimo allagamento. In ultimo, il Tirreno del 2 ottobre 2013 riportava l’allarme lanciato da un funzionario comunale, secondo il quale il problema delle infiltrazioni si ripete da anni sul palazzo Minucci Solaini, sede della Pinacoteca, in entità tale che “nel giro di un paio di anni potrebbero rischiare di rovinarsi tutti i capolavori che contiene il nostro museo”. Nel caso specifico l'allarme del funzionario sembra condivisibile anche da noi profani, poiché quasi tutte le preziose opere pittoriche raccolte in Pinacoteca altro non sono che antichi dipinti su tavola, e il legno notoriamente è un materiale sensibilissimo alle variazioni di umidità.
Lo stesso 2 di ottobre, visto che dall'amministrazione è stato impossibile fino ad oggi ottenere risposte spontanee, il consigliere Fabio Bernardini ha quindi presentato un'interpellanza in merito al sindaco e all'assessore competente. Il documento pone ai responsabili dell'amministrazione una serie di quesiti sul cattivo stato in cui versa attualmente la Pinacoteca, prendendo spunto da quanto è sancito all'art. 6 dello statuto comunale, che impegna direttamente il Comune ad assumere la tutela e la fruibilità delle opere d'arte da parte della collettività come obiettivo generale della propria azione amministrativa. Si chiede, infatti, quanti episodi di infiltrazione d'acqua siano stati segnalati negli ultimi anni e quali siano le cause accertate dell'infiltrazione. L'interpellanza prosegue domandando se finora siano state promosse azioni per rimuovere il problema o se siano quantomeno stati stimati i costi dell'intervento necessario per porre rimedio a questa situazione di rischio. Viene, quindi, richiesto se la Soprintendenza sia stata investita del problema ed eventualmente quali risposte abbia eventualmente fornito. Infine, si domanda quali azioni siano state predisposte, sia a breve che a lungo termine, per mettere in sicurezza le opere e per garantirne per il futuro la fruibilità al pubblico.
Non sappiamo con precisione quanto venne a costare l'intervento di restauro che durante l'amministrazione Gabellieri fu reso necessario dall'eccessivo riscaldamento degli ambienti museali, ma fonti attendibili parlano di circa 800.000 euro. Si capisce, quindi, che anche chi non abbia particolare sensibilità per l'arte dovrebbe preoccuparsi molto di una simile situazione, se non altro per ragioni economiche.
Date l'importanza dell'oggetto e la delicatezza della materia, speriamo che il sindaco e l'assessore rispondano più rapidamente del solito ai quesiti posti. Soprattutto ci auguriamo che, anche sotto l'impulso di queste sollecitazioni, si apprestino finalmente ad investire qualche euro per aggiustare definitivamente gli infissi dell'antico Palazzo Minucci Solaini.

Progetto Originario