venerdì 26 luglio 2013

Comune Unico: ma siamo capaci di collaborare?


L’intervento di Graziano Pacini, ex sindaco di Pomarance, sullo scorso numero de La Spalletta, pone al centro della discussione politica un tema di alto profilo e di ampio respiro quale l’ipotesi di accorpamento dei comuni dell'Alta Val di Cecina. Un tema obiettivamente difficile da trattare per un’area come la nostra che viene da 4 anni di profonde divisioni. All'indomani dell'estinzione della locale Comunità Montana, non si può non tener presente che l’Alta Val di Cecina è stata divisa in due: da un lato Pomarance, Montecatini e Monteverdi hanno formato l’Unione dei comuni, ereditando anche le deleghe dell’estinta comunità montana; dall’altra Volterra e Castelnuovo ne sono rimaste fuori, per ripiegare in una misera convenzione di alcune funzioni. Almeno in quest'ultimo caso, più per obbligo di legge e per affinità di colore politico che per reale convinzione e reciproca convenienza. Una soluzione che ha indebolito entrambe le alleanze e di riflesso l’intero territorio. Pacini ha tratteggiato con estrema sensibilità e fuori dai pregiudizi le opportunità che la Val di Cecina potrebbe cogliere formando un comune unico e cercando di mettere a sistema le risorse che il territorio esprime: dal patrimonio culturale alle risorse geotermiche fino ai servizi pubblici ancora presenti sul territorio (da anni in affanno). Va sottolineato poi il contesto in cui si inquadra oggi un ragionamento di questo tipo. Gli ultimi governi e il legislatore, da un po' di tempo in qua, indicano chiarissimamente la strada dell'accorpamento tra enti, probabilmente pensando (a torto o a ragione) che la diminuzione della spesa pubblica complessiva passi anche attraverso la riduzione dei centri di spesa. Di conseguenza vediamo che i comuni che riescono ad intraprendere percorsi di unificazione vengono decisamente premiati, soprattutto in termini economici ma anche rispetto alle recenti pastoie burocratiche e finanziarie. Infatti, gli accorpamenti vengono premiati con consistenti incentivi economici statali e regionali ma sono anche esentati per tre anni dal famigerato patto di stabilità, la regola cervellotica che congela di fatto le risorse economiche accumulate negli ultimi anni nelle casse dei comuni. Tutto questo mentre ai comuni che restano indietro vengono tutti gli anni falcidiati gli stanziamenti, costringendoli per restare in piedi ed erogare servizi ad appesantire le tasse, i tributi e costi dei servizi (scuolabus, mense, ecc.). Dunque ben venga la proposta di Pacini, il quale coglie inoltre perfettamente nel segno quando raffigura la perdita di peso che da anni i comuni della Val di Cecina registrano nei confronti degli enti sovraordinati, anche nei contesti delle gestioni di servizi pubblici locali (quali l’acqua o il trasporto locale), oramai tarate su ambiti provinciali se non addirittura regionali. Così come rammenta opportunamente le potenzialità inespresse dal territorio, umiliate da una cronica mancanza di risorse sia umane che economiche. Qualsiasi riflessione sull’opportunità di un processo che veda l’accorpamento degli enti locali esistenti può avviarsi solo partendo da una visione comune dell'intero territorio profondamente solidaristica tra le realtà esistenti. Un territorio così vasto e difficile come la Val di Cecina può sperare di riuscire ad affrontare con successo il percorso di accorpamento solo se in parallelo porta avanti un processo di valorizzazione costante di ogni singolo centro, frazione, area agricola, praticando una dislocazione massiccia dei servizi. La classe dirigente di Volterra rispetto a questo non si è certo distinta negli ultimi anni, candidandosi autonomamente all'isolamento e favorendo viceversa nuovi patti tra gli altri comuni, accomunati dalla caratteristica della geotermia, dunque forti di una risorsa strategica che funge da collante comune. Bisogna quindi riconoscere che le amministrazioni volterrane, da anni, hanno fallito miseramente anche prove di solidarietà a più piccola scala. Basti pensare alle condizioni in cui è stata abbandonata Saline di Volterra dove, per esempio, il semplice restauro del cimitero viene fatto slittare anno dopo anno da un'infinità di tempo.Siamo certi che Volterra, per le sue caratteristiche storiche culturali e non ultimo dimensionali, potrebbe candidarsi come naturale comune capofila di un eventuale processo di unificazione. Tuttavia, per essere credibili, serve un grande salto di qualità, anche e soprattutto nella mentalità di noi volterrani, spostando il cuore del ragionamento sulle ricadute che il processo di accorpamento avrebbe sull’intero territorio e sulle sinergie che potrebbero essere avviate. E lasciando da parte per una volta i facili slogan pro-campanile, coniati per attrarre una manciata di voti. Di recente sono stati fatti decisi passi indietro sulla strada del dialogo e delle sinergie, dimostrando così una carenza di maturità per collaborare e valorizzare le realtà a noi vicine. Per questo pensiamo che la necessaria inversione di tendenza possa realisticamente passare, come primo stadio, nell'allargamento dell'Unione dei Comuni a Volterra e possibilmente Castelnuovo. Questo snodo potrebbe costituire anche il banco di prova per sperimentare la nostra nuova capacità di saper collaborare con gli altri, valorizzando al meglio le risorse naturali, umane e infrastrutturali di tutti.

Il gruppo consiliare di Progetto Originario

Il patatrac della Variante Urbanistica

Quando la lista civica approdò all'Amministrazione di Volterra i nuovi eletti erano ancora un po' confusi circa il funzionamento dell'amministrazione e ai loro occhi solo poche cose ben chiare. Tra queste forse la più chiara di tutte era la necessità di dotarsi di competenze esterne di buon livello (meglio se ottimo) nei settori strategici della cultura e dell'urbanistica per i rispettivi assessorati. Fu così che vennero prima contattati e poi nominati gli assessori Furlanis e Fambrini nei ruoli che avrebbero dovuto risultare propulsivi nel prossimo futuro. E' noto come siano andate in seguito le cose: la competenza è passata in second'ordine, poi è stata del tutto sacrificata alla necessità di poter fare e disfare senza tanti complimenti. I due assessori esterni da risorse vennero considerati da Buselli ostacoli, fino al loro allontanamento. Dopodiché alla Cultura Furlanis è stato sostituito da un'insegnante in pensione e alla guida dell'urbanistica si è autoinsediato lo stesso Buselli; che della materia non crediamo abbia mai letto non diciamo un testo specialistico ma neppure un opuscolo. Oggi la città paga lo scotto di questa infantile presunzione. In realtà non sarebbe occorsa neppure troppa competenza per limitare i danni: sarebbe bastato mantenersi coerenti rispetto agli impegni assunti col programma elettorale. Ma come è noto la coerenza non abita a Palazzo dei Priori. Infatti, la Variante al Regolamento Urbanistico che sta per essere approvata lascerà sostanzialmente tutte le cose come stanno. Nessuna delle gravi contraddizioni presenti in questo Regolamento Urbanistico è stata risolta, anzi alle vecchie ne sono state aggiunte di nuove. L'assurdità più evidente è che, dopo 4 anni di lavoro alla Variante, sono stati lasciati in piedi gli arcivituperati Piani Complessi d'Intervento, contro i quali s'incentrarono tanti affondi della lista civica nella scorsa campagna elettorale. Rileggendo il programma della lista civica, si trova: “Affinché non vengano esclusi i soggetti locali che lavorano nell’ambito dell’edilizia dai principali progetti previsti nelle aree a trasformazione (le nuove zone edificabili), si dovrà ripensare il ricorso all’uso dei Piani Complessi d’Intervento, limitandone l’uso solo ove davvero necessario (SD 1 ed SD 3). Per le restanti aree dovrà essere previsto il ricorso di strumenti più agili, quali i piani attuativi, guidati attraverso le linee di eventuali schede normative (con le quali si potranno predisporre progetti alla portata degli operatori edilizi volterrani)”. Non sappiamo se prima di essere assunto dalla Asl Buselli lavorasse su qualche bastimento, fatto sta che queste si sono rivelate promesse da marinaio perché, assunta su di sé la delega all'urbanistica, gli operatori edilizi volterrani sono stati dimenticati in un baleno. I Piani Complessi d'Intervento venivano giustamente criticati, perché inadatti al caso di Volterra; sono strumenti pensati per grandi realizzazioni e infatti rimandano la pianificazione urbanistica di parti della città e del territorio a complicati progetti in cui interessi pubblici e privati dovrebbero incardinarsi secondo percorsi decisamente intricati. Non a caso si chiamano Piani Complessi. Bene, nonostante si tratti di strumenti così poco adatti alla nostra realtà, questi sono stati tutti confermati. Infatti dopo 4 anni di lavori, la Variante predisposta si limita a deperimetrare pezzettini di territorio dagli Schemi Direttori, assegnando loro un intervento diretto, lasciando intatto, per giunta, il vuoto di programmazione dei Piani Complessi. Portare un risultato simile quasi a fine mandato è indice di manifesta incapacità di programmazione, ma anche di scarso rispetto dei tanti soldi pubblici spesi inutilmente in consulenze. Infatti, se il Palazzo non è in grado di fornire ai tecnici incaricati indirizzi precisi per vuoto di idee e incompetenza, alla fine viene partorito il proverbiale topolino che rinuncia perfino a pianificare l'uso delle aree circostanti il capoluogo. Anche l'unico Piano Complesso “progettato”, quello di Docciola, segna un totale fallimento. Poiché la LR 1/2005 all'art. 57 afferma: “l'efficacia del Piano Complesso D'intervento è limitata alla permanenza in carica della giunta che l'ha promosso”. Prorogabile al più per 18 mesi e non oltre. Dato che dopo alcuni mesi dall'approvazione il suo sviluppo è completamente fermo, possiamo essere certi di trovarci di fronte ad un altro (costoso) strumento urbanistico candidato alla totale inefficacia.
Infine, merita rilevare il sostanziale ostracismo che questa amministrazione ha ancora una volta dimostrato rispetto ai processi partecipativi, in questo caso previsti espressamente dalla legge. A tale proposito basta riferirsi a quanto scritto dalla curatrice del processo partecipativo, che nella sua Relazione a commento dell'unica iniziativa di partecipazione prevista, “L’urbanistica a piedi per Volterra”, è stata costretta ad ammettere: “la partecipazione dei “semplici cittadini” è stata piuttosto bassa (una decina di persone in tutto)”. E conclude: “Difficile capire se le motivazioni siano attribuibili al fatto che l’urbanistica è solitamente percepita come una materia un po’ ostica, da addetti ai lavori, oppure alla fiducia comunque riposta nell’operato dell’Amministrazione, o più semplicemente a una scarsa pubblicizzazione dell’iniziativa”.
Chissà, davvero, se i volterrani avranno evitato appositamente di interessarsi al futuro della loro città per la fiducia cieca che ripongono nell'operato dell'amministrazione Buselli? Come fai a non fidarti di un sindaco che ha detto che avrebbe portato l'IKEA a Saline, avrebbe realizzato la nuova 68 fino a Colle e che oggi si appresta a strappare il quartier generale di Dolce & Gabbana alla città di Milano?
                                                                                                                            Progetto Originario

venerdì 19 luglio 2013

Parcheggi, in attesa di chiarimenti

Il piazzale di Docciola
Il 6 giugno scorso il consigliere Bernardini depositò un'interrogazione al sindaco sui parcheggi pubblici nel capoluogo e nelle principali frazioni. Il Regolamento del Consiglio Comunale di Volterra all'art. 36 prevede che la risposta all'interrogazione sia fornita dal Sindaco entro 30 giorni, nel caso in cui l'interrogante la richieda in forma scritta come in questo caso. Il Sindaco Buselli, però, deve aver inteso che le regole nell'amministrazione pubblica esistono giusto per essere disattese, infatti, al momento in cui scriviamo sono trascorsi più di 40 giorni dalla data dell'interrogazione ma la risposta si fa ancora aspettare. Restiamo in fiduciosa attesa, sebbene la coincidenza col recente riassetto della materia dei parcheggi avrebbe dovuto facilitare il lavoro del sindaco, fresco dei lavori della riorganizzazione appena conclusa. Le risposte che attendiamo dal sindaco investono vari aspetti dell’organizzazione dei parcheggi e del traffico veicolare. Per esempio si chiede quante siano complessivamente le auto fornite delle autorizzazioni tipo S e SS, ovvero quelle dotate di quelle speciali autorizzazioni concesse ad autorità o persone accreditate di particolari funzioni per accedere e sostare anche nei luoghi più pregiati del centro storico, come Piazza dei Priori o Piazza San Giovanni. Sugli spazi dedicati a parcheggio si desidera sapere a quanto ammontino i proventi complessivi derivanti dai parcheggi a pagamento in questi ultimi anni e a quali scopi sono stati destinati, ma anche precisazioni sui terreni. Si chiedono, per esempio, precisi ragguagli sullo stato di “conformità rispetto agli strumenti urbanistici”, sulla “conformità catastale” e “il godimento del diritto di proprietà da parte del Comune”. Questi ultimi aspetti furono esplicitamente citati nella delibera di Giunta 36/2010 dove, tra le altre cose, veniva rilevata la necessità di produrre il quadro generale aggiornato degli spazi destinati a parcheggio nel capoluogo, ovvero rilevarne la “conformità rispetto agli strumenti urbanistici”, la “conformità catastale”, nonché “il godimento del diritto di proprietà da parte del Comune”, anche alla luce delle “situazioni di incongruità” rilevate dal Settore Tecnico. Secondo la delibera 36/2010, s’imponeva “la necessità di un successivo lavoro di “adeguamento delle cartografie”, “rettifiche catastali” ed “eventuali trasferimenti di proprietà”, il cui adempimento veniva affidato al Responsabile del Settore Tecnico. Ovviamente ci aspettiamo che “le situazioni di incongruità”, citate nell’atto della Giunta, siano state affrontate e sanate preventivamente rispetto al recente riassetto del sistema parcheggi ma, in attesa di precise risposte, ogni dubbio resta legittimo. E il dubbio permane, se guardiamo all'impegno, mai rispettato, di predisporre un Piano Parcheggi per mezzo di uno specialista del settore (delibera di Giunta 21/ 2011), così come annunciato sui giornali in quello stesso periodo dall'assessore alle opere pubbliche Moschi. Infatti, si è proceduto a riorganizzare la materia alla buona o per così dire “ad occhio”, sebbene in un settore così delicato un minimo di pianificazione preventiva non avrebbe certo fatto scomodo.
L’interrogazione chiede, infine, come sia giunta l’amministrazione a prevedere la destinazione promiscua del Piazzale di Docciola, ovvero in parte area di sosta libera per autoveicoli e la restante parte per la sosta a pagamento dei caravan. Senza peraltro che l’area fosse stata minimamente attrezzata allo scopo e senza che fossero attivati servizi aggiuntivi (un bagno pubblico, adeguati cestini per i rifiuti, un servizio di bus navetta o anche un semplice miglioramento del fondo stradale) che rendessero il sito adeguato e fruibile da turisti e automobilisti in generale. Anche solo per giustificare l'obolo richiesto di 8 euro al giorno ai camperisti. Invece, niente. Chi parcheggia a Docciola oggi trova un piazzale polveroso, pieno di buche e maltenuto, in cui auto e camper resteranno per tutto il tempo a cuocere sotto il sole, mentre i passeggeri per accedere al centro storico dovranno arrampicarsi per 230 scalini praticamente senza alternative. Disabili, anziani e adulti con bambini sono avvertiti.


Progetto Originario

Il Tirreno 19 luglio 2013


venerdì 12 luglio 2013

Tares, la cura che uccise il malato

Nel Consiglio Comunale del 28 giugno è stato approvato (senza il nostro voto) il Regolamento sulla nuova tassa sui rifiuti e “servizi indivisibili”, la Tares, i cui criteri serviranno a ripartire tra famiglie e attività il peso del prossimo prelievo. Origine della nuova tassa il decreto “Salva Italia” (un nome degno del famigerato Minculpop) varato dal governo Monti. Come previsto il nuovo tributo risulterà complessivamente più oneroso della vecchia Tarsu, perché oltre alla copertura completa dei costi del servizio di smaltimento dei rifiuti dovrà coprire anche i costi relativi ai “servizi indivisibili” dei Comuni, come ad esempio l’illuminazione pubblica, la gestione della viabilità, ecc.. Dunque la nuova tassa prevede che il Comune si faccia pagare per intero da residenti e attività i “servizi comunali” come fosse una qualsiasi azienda, per sgravare lo Stato dei consueti trasferimenti annuali destinati ai Comuni e provenienti dalla fiscalità generale. Dove andranno, quindi, da quest'anno i miliardi di tasse sul reddito che normalmente lo Stato girava ai Comuni sarebbe interessante farselo spiegare da uno dei tanti esperti che abitano le “trasmissioni di approfondimento” delle principali Tv. Gli scaglioni della nuova tassa verranno articolati secondo i metri quadrati dell'immobile e il numero degli abitanti per le utenze domestiche, mentre per le utenze produttive o commerciali conterà anche la natura delle attività svolte. Dati i criteri adottati, quasi tutti ci andranno a perdere. Proviamo a fare qualche esempio calato sul regolamento appena approvato nel nostro Comune. Una persona sola che abiti un appartamento di 100mq andrà a pagare per la Tares circa l'11% in più rispetto a quanto pagava di Tarsu. Mantenendo fisso il caso dell'appartamento di 100mq, una famiglia di due persone pagherà circa quanto lo scorso anno, mentre quella composta da 3 persone subirà un aumento del 15%; quella di 4 persone del 29%; aumentando progressivamente al crescere del numero dei familiari. Altre belle sberle arriveranno alle attività. Gli studi professionali pagheranno da quest'anno circa il 3% in più, le autofficine subiranno aumenti del 25%, i bar del 175%, mentre i ristoranti del 200%. Particolarmente penalizzati gli ortofrutta e le pizzerie al taglio che vedranno aumentare la tassa sui rifiuti del 300%. Da notare che la nuova tassa picchierà duro anche sulle attività sanitarie e sociali: l'ospedale di Volterra si vedrà richiedere dal Comune più di 86.000 euro a fronte dei 42.000 dello scorso anno, mentre il S. Chiara passerà da 5000 euro a 18.000. Curiosamente, pur applicando la massima aliquota consentita, la banca pagherà di Tares “solo” 2.200 euro: qualcosa meno rispetto alla Tarsu dello scorso anno.
Quanto descritto è il prodotto del “federalismo” all’italiana andato tanto di moda con gli ultimi governi, decisi al di fuori da ogni logica a conformare i Comuni al modello semplicistico di banali aziende di servizi. Peggio: erodendo progressivamente la loro capacità decisionale e contemporaneamente schiacciandoli nello scomodo e sempre più pesante ruolo di esattori del fisco.
Dato che le tasse verso le amministrazioni locali verranno complessivamente elevate al pari di tasse e imposte destinate allo Stato centrale (vedi l'aumento previsto dell'Iva), otterremo per risultato un ulteriore incremento della pressione fiscale quando già l'attuale è sopra ogni limite ragionevole. Quale sarà la logica conseguenza di tali politiche, lo lasciamo immaginare ai lettori che avranno già avuto modo di farsi un'idea per esperienza diretta. Vogliamo continuare su questa strada?

Progetto Originario





Acqua: contro la tariffa truffa

Finalmente, dopo ripetuti e prolungati tentennamenti da parte del sindaco e della sua maggioranza, anche il Consiglio Comunale di Volterra è riuscito in forma unanime a prendere posizione contro la nuova tariffa approvata dall'Autorità per il servizio idrico, la stessa che il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua definì “Tariffa Truffa” subito dopo la sua pubblicazione. La mozione che reca la firma di Sonia Guarneri e approvata all'ultimo Consiglio Comunale impegna il sindaco da ora in avanti ad “assumere posizione contraria al nuovo metodo tariffario in tutte le sedi in cui il Comune sarà chiamato a decidere”.
Si tratta infatti di contrastare l’artificio (che potremmo definire meglio raggiro) messo in piedi dalla nuova Authority per l'acqua e energia (AEEG). All'indomani dell'esito referendario del 2011 che sancì in maniera inequivocabile l’esclusione delle logiche del profitto dalla gestione e dal governo dell'acqua, l'AEEG ha reintrodotto sotto altra voce ciò che era stato appena abrogato, in esplicito contrasto con quanto voluto dalla maggioranza degli italiani. In sostanza l'Authority ha rispolverato la collaudata tecnica truffaldina che il sistema adoperò con successo già in passato, quando all'indomani dell'abrogazione per referendum del finanziamento pubblico ai partiti, fu approvata una legge che introduceva i “rimborsi elettorali”, facendo rientrare dalla finestra ciò che era stato messo fuori dalla porta.
Già dopo la sentenza del TAR Toscano del 21 marzo scorso, in cui è stato ribadito che la finalità, perseguita dal quesito referendario avente ad oggetto l’art. 154 del d.lgs. n. 152/2006, era di “rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua” (Corte Costituzionale, 26.1.2011, n. 26) e che questo risultato doveva essere dichiarato applicabile a partire dal 21 luglio 2011, si è cominciata a vedere qualche presa di posizione da parte dei sindaci. I più coraggiosi sono stati i comuni della provincia di Arezzo, seguiti a ruota da quelli dell'ex ATO 3 (Prato, Pistoia, Firenze), dove è stata messa in minoranza la volontà di Firenze e del suo sindaco Renzi di continuare a fare utili attraverso la gestione dell'acqua. In queste due zone della Toscana è stato difeso il principio affermato dal referendum, secondo il quale l'acqua dovrà essere considerata un bene comune anziché una merce qualsiasi. Gli altri Ato della Toscana, compreso il nostro (Livorno, Val di Cecina e Val di Cornia), hanno visto invece i sindaci allinearsi senza sussulti alla volontà dell'Authority.
Il percorso verso la revisione tariffaria e verso la predisposizione di una gestione dell'acqua finalmente libera dalle logiche del profitto resta dunque tutt’altro che in discesa, perché nonostante il fiorire del dissenso la tariffa confezionata dall’AEEG gode del favore delle lobby che gestiscono l’acqua e che non vogliono perdere le posizioni conquistate ma anche di molti comuni importanti (Firenze in primo luogo in Toscana) oltre che delle Regioni e dei principali partiti di governo.

Gli stessi comuni che oggi stanno manifestando un qualche dissenso per l’approvazione della “tariffa truffa” non sempre hanno mostrato un atteggiamento cristallino. Come dimenticare ad esempio che la stessa amministrazione di Volterra bocciò lo scorso anno con il suo voto contrario quel documento che presentammo in Consiglio Comunale teso a pretendere che ASA restituisse ai cittadini la maggiorazione della bolletta dell'acqua, non più dovuta a partire dal luglio 2011. Eppure sono state le più alte sedi giudiziarie a dichiarare che queste somme devono essere restituite perché fatte pagare indebitamente ai cittadini. Ma ancora oggi il gestore idrico nicchia e prende tempo con l’assenso esplicito della maggioranza dei comuni, che invece di farsi portatori degli interessi dei cittadini continuano a preoccuparsi di salvaguardare i profitti delle imprese private! Così come non si può tacere che il sindaco di Volterra, quando è stato il momento di votare la nuova tariffa nelle sedi istituzionali preposte (la conferenza dei sindaci dell'ex ATO 5), ha pensato bene di non presentarsi facendo mancare il proprio voto. Esibendo un atteggiamento ambiguo, contraddittorio rispetto alle ultime prese di posizione, che dimostra quanto resti difficile portare avanti una battaglia sacrosanta e popolare, ma osteggiata da molti soggetti forti.
Dopo l'importante risultato emerso nello scorso Consiglio Comunale, ci auguriamo di vedere le affermazioni principio seguite da azioni concrete. Un buon esordio sarebbe promuovere la restituzione del maltolto ai cittadini da parte di Asa in questi ultimi due anni e la rapida abrogazione di una tariffa che promette solo di essere l’ultima, umiliante presa di giro per i cittadini.

Il Gruppo Consiliare - Progetto Originario



Le frane sulla Via Pisana

La frana presso Coiano-Villa Otium
Si sa, quest'anno è stato denso di pioggia e, in un territorio fragile come il nostro, abbiamo visto moltiplicare le frane e i danni che queste si portano appresso. Particolarmente gravose le situazioni che si sono venute creando lungo la strada provinciale per Pisa, la Via Pisana, dove ancora si procede a senso alternato sia all'altezza di Coiano – Villa Otium sia all'altezza di Mulino d'Era. Sul questo secondo dissesto la Provincia, pur con qualche inconveniente, sta lavorando da diverse settimane e si spera che per la fine della stagione estiva il consolidamento del versante sia ultimato. Preoccupa, invece, la mancanza di attività presso il dissesto che interessa buona parte della sede stradale all'altezza di Villa Otium. Qui la frana di scoscendimento che ha intaccato gravemente il crinale potrebbe sembrare ad un occhio poco attento meno importante e pericolosa della prima, ma invece è molto preoccupante. In questo tratto il crinale su cui corre la viabilità è stato ridotto ai minimi termini dal recente dissesto per cui una porzione di rilievo e la parte dissestata della strada provinciale dovranno essere ricostruiti di sana pianta, con l'ausilio di strutture di consolidamento che presumiamo abbastanza dispendiose. Il punto è che non c'è alternativa dato che il tempo per portare avanti il lavoro scarseggia. Arrivare all'autunno nelle condizioni attuali sarebbe molto rischioso, perché la ripresa delle piogge stagionali potrebbe facilmente peggiorare drammaticamente la situazione riattivando il processo erosivo. Il pericolo è quello di trovarsi la strada nuovamente interrotta tra pochi mesi e chissà per quanto tempo. Occorre dunque che la Provincia si faccia carico di questo intervento al più presto, sfruttando lo scorcio di stagione estiva rimasto a disposizione. Sappiamo che le risorse economiche di questi tempi scarseggiano, ma questa deve essere considerata un'urgenza con alta priorità. Inutile ricordare in questa sede l'importanza della strada provinciale nella rete di collegamento di Volterra e dei paesi limitrofi e le difficoltà già patite da noi e dai nostri ospiti per una viabilità tradizionalmente piuttosto malridotta e contorta.

Progetto Originario




lunedì 8 luglio 2013

Possibilità inesplorate

Il direttore della Asl 5 Rocco Damone
Dopo il tramonto del progetto per il trasferimento al S. Chiara dei pazienti dell'OPG di Montelupo, rimane la grande incognita del futuro dell'azienda di servizi alla persona le cui difficoltà di bilancio sono oramai note.Certo non si può sottacere che il colpo di grazia l’azienda l’abbia ricevuto dall’Asl 5, che fino a tutto il 2012 aveva garantito quantomeno 50 ricoveri ( vuoto per pieno), per poi ridurli drasticamente e unilateralmente a 42 all’inizio del 2013.Una scelta che, considerato il pregresso stato di disequilibrio del S. Chiara, non fa che aggravare la sua precaria situazione, spingendo verso il baratro un’azienda del territorio importante oltre che per le ricadute in termini di lavoro, per la delicata funzione sociale che svolge da oltre un secolo a questa parte.Ci ha sorpreso non poco pertanto leggere sui giornali la recente proposta del Direttore Damone di prendere in gestione diretta il S. Chiara in una prospettiva di risanamento. Quanto sia seria e accettabile la proposta è assolutamente prematuro dirlo, visto che non è trapelato niente di più. Questo non toglie che al punto in cui siamo non credo ci si possa permettere di lasciare nulla di intentato. Non ho dunque francamente compreso il voto contrario espresso dal sindaco e dalla sua maggioranza nel corso dello scorso Consiglio Comunale alla nostra mozione tesa semplicemente a “verificare presso il Direttore Damone i contorni della proposta per poi riferirli al Consiglio Comunale o invitarlo al primo Consiglio Comunale utile”.La sensazione nitida è che qualsiasi cosa venga proposta dalla parte politica avversa sia da scartare. Un atteggiamento infantile, soprattutto se viene da chi ha sulle spalle la responsabilità del governo della città. Se è lecito, da una parte, essere prudenti e non farsi troppe illusioni circa la fattibilità di una proposta proveniente dalla direzione della Asl 5, dall’altro è sciocco liquidarla aprioristicamente come battuta e non provare nemmeno ad entrare nel merito, facendo prevalere i sentimenti di diffidenza e perfino di astio tra ASP S. Chiara e ASL5, che oramai si percepiscono distintamente perfino leggendo le relazioni di accompagnamento al bilancio. Non siamo nella condizione di chiuderci a riccio e alla fine, se anche l’idea di Damone si rivelasse una proposta non accettabile o peggio poco seria, potremmo perlomeno dire di non aver lasciato niente di intentato. In questo caso non sarebbe certo il S. Chiara ad aver fatto una pessima figura.

Sonia Guarneri - Progetto Originario






Sanità incendiaria

La seduta di Consiglio Comunale tenutasi venerdì 28 giugno scorso è stata notevole per varie ragioni: per l'assurdità della sua estenuante durata (oltre 14 ore), così come per l'approvazione di sempre più assurdi bilanci di previsione in cui l'incertezza dei conti del governo si abbatte come una clava sulle spalle delle amministrazioni locali. Forse però il Consiglio Comunale del 28 sarà soprattutto ricordato per il dibattito sulla Casa della Salute, un confronto già “preparato” da polemiche incrociate sviluppatesi sulla stampa locale, spesso sostenute da una certa parte del Pdl che tende a dimenticare la maniera talvolta disastrosa in cui viene amministrata la materia sanitaria nelle regioni rette dal partito di Berlusconi.
La maggioranza (UpV) presentava all'ordine del giorno una mozione che, a tergo di una serie di considerazioni sulla sanità regionale e locale, chiedeva di inserire il progetto della futura Casa della Salute nel palazzo comunale sito in Via Roma, presso l'edificio che ospita la ludoteca. Il documento paventava il timore che una sede della Casa della Salute all’interno dell’area ospedaliera potesse in qualche modo danneggiare l’attività specifica del presidio o una parte di essa.
Per contro il gruppo di Rosa Dello Sbarba, Città Aperta (Pd), depositava un suo documento, in cui si sosteneva che l’impianto normativo regionale accompagnato dal Protocollo per le politiche sanitarie locali fornisse già tutte le garanzie necessarie al mantenimento dei servizi ospedalieri.
Anche noi di Progetto Originario portavamo una nostra mozione i cui cardini erano dati da due valutazioni e due principi. Le valutazioni erano: a) una preoccupazione di fondo di futuri e ulteriori tagli all’attività ospedaliera sulla scorta di quelli portati a termine negli ultimi 4 anni; b) la necessità di ospitare l’assessore regionale al diritto alla salute Marroni per chiarire la portata delle novità connesse al progetto Casa della Salute. Invece, i due principi affermati nel nostro documento intendevano ribadire: a) la necessità di salvaguardare prioritariamente l’attuale capacità operativa del presidio ospedaliero di Volterra; b) l’esigenza di attivare un confronto tra rappresentanti della Regione e amministratori locali, per addivenire in ogni caso a soluzioni concordate circa eventuali processi di riorganizzazione nel quadro dell’intero comparto sanitario della Val di Cecina. Quest’ultimo concetto ovviamente intendeva preservare l’ospedale da eventuali colpi di mano da parte della Asl 5. Dopo una estenuante trattativa in sede di conferenza dei capigruppo, con pochi emendamenti non sostanziali, era stata raggiunta l’unanimità dei consensi su quest’ultima mozione. Gli emendamenti, semplificando, tendevano a sfumare un po’ il giudizio espresso in premessa sul Protocollo per le Politiche Sanitarie dell’Alta Val di Cecina, recepito dalla Giunta Regionale con delibera n. 800/2012, ma non mutavano affatto la sostanza politica della mozione. Tuttavia, nonostante gli accordi presi nella conferenza dei capigruppo, dal momento in cui è stata riaperta la discussione in aula, la maggioranza ha rilanciato la discussione aggiungendo un ulteriore emendamento mirato a chiedere il congelamento del progetto Casa della Salute fino a quando non fosse stata esperita la concertazione con i rappresentanti del territorio. Questa richiesta finale, avanzata a tempo quasi scaduto, ha prodotto l’effetto di far retrocedere dal consenso sul documento Città Aperta e Sinistra per Volterra, frantumando un equilibrio faticosamente raggiunto. Noi di PO non avevamo nessun particolare problema ad accettare la richiesta della maggioranza nel merito, però, crediamo che in definitiva non abbia prodotto un risultato positivo. Dal momento in cui con essa è venuta lacerandosi l’unità del Consiglio Comunale, la posizione dell'’assemblea è stata resa più netta in termini di concetti espressi ma contemporaneamente più debole in termini politici. Pensiamo, infatti, che in tempi di crisi e tagli della spesa, le prossime battaglie sui servizi a difesa della salute in Val di Cecina siano realisticamente molto difficili, tanto da richiedere il dispiegamento di un ampio fronte comune, che vada ben oltre quello del panorama volterrano. Sapendo quanto questo sia faticoso da raggiungere in materia di sanità, avevamo sperato che la sintesi raggiunta potesse tenere fino alla fine, in modo tale da fornire la base per un lavoro (sicuramente duro) da realizzarsi nei prossimi mesi. Non è stato così e il documento è passato anche col nostro voto ma in definitiva con una maggioranza ristretta. Se non altro è passato il principio che il naturale interlocutore politico della zona in tema di sanità dovrà essere l’assessore regionale e non tanto il direttore generale della Asl 5. Speriamo che sia sufficiente per poter convincere i rappresentanti della Regione a mettersi ad un tavolo con i sindaci. Ovviamente nessuno ignora quale forza politica sia al governo di Firenze e quanto avrebbe potuto rivelarsi utile un accordo col Pd locale.


Progetto Originario